www.thinkmagazine.org: il teatro del pensiero
Probabilmente non c'e' cosa piu' imbarazzante delle presentazioni, di qualsiasi tipo siano, che si tratti di persone o di oggetti; e il disagio nasce dalla percezione vaga ma insistente, pungente, di costringere in qualche modo, il presentato in certi ambiti, all'interno di schemi che portano significati spesso un po' troppo ingombranti. La presentazione e' per molti versi un atto di creazione, e' un conferimento di coordinate precise a un oggetto fino ad allora autonomo e, forse proprio per questo, quasi inesistente, almeno se pensiamo l'esistere come essere-per-altri, e in questo caso, trattandosi nient'altro che di parole, mi sembra difficile sfuggire a qesta concezione ontologica, salvo che non si voglia gettarsi tra le braccia di godibilissime e talvolta utilissime metafisiche di ogni genere, che qui, purtroppo per noi che dobbiamo scrivere, parrebbero fuori luogo. Detto questo non possiamo pero' sottrarci al compito che ci siamo proposti e cioe' cercare di rendere il piu' chiaro possibile che cosa sia, o quali intenzioni abbia il nostro giornale. Thinkmagazine innanzitutto e' un luogo. Veniamo subito colti da quella sensazione di cui sopra, ma, abbiate fiducia, sappiamo cio' che intendiamo dire: un luogo che per molti versi e' simile ad un palcoscenico, uno spazio dove esibirsi, niente piu'; o meglio niente meno.
Mi piace infatti pensare al palcoscenico come un luogo prima di tutto di liberta', una dimensione ritagliata tra l'impossibilita' di espressione propria della quotidianeta' e l'infinitezza dei territori del nostro sentirsi, dell'autopercezione, o se volete dell'autocoscienza (e qui davvero sento sfuggirmi di mano i significati! pazienza). L'attore in scena rappresenta opere scritte duemila anni fa come il giorno prima, commedie, tregedie, mimiche e tutto cio' che vuole, ma una sola e' la caratteristica decisiva: la sua sensibilita', il suo proiettarsi attraverso un personaggio, il suo essere filtro del personaggio e viceversa. Ed e' cosi' che ci siamo chiesti perche' non creare un palcoscenico per le idee, o meglio per i pensieri (che hanno meno pretese delle idee, alle quali la filosofia ha associato ormai significati con il peso specifico del mercurio), un teatro in cui si mettono in scena percorsi intellettuali, proposte di riflessione o anche semplici annotazioni di viaggio che a noi tutti capita di fare; perche' non provare a condividere queste esperienze, perche' non provare a proporre ma soprattutto a proporsi. Insomma perche' non puntare i riflettori sulla soggettivita' o, per essere piu' precisi, su come il soggetto riflette le esperienze intellettuali che si trova a vivere. Parlando chiaro cio' che ci interessa non sono tanto ennesimi saggi sapienti su qualsiasi materia, ma piuttosto il modo in cui temi piu' o meno dotti, piu' o meno attuali piu' o meno cio' che volete, vengono vissuti da una persona. Non vorremmo, a questo punto, essere fraintesi, non vorremmo che il nostro spazio venisse confuso con il luogo del tutto-va-bene, dove chiunque possa dar sfogo alle proprie personali piccole angoscie; senza offesa per nessuno non e' questo che speriamo, perche' pensiamo che esista una differenza sostanziale tra il parlare in maniera personale, soggettiva, di temi che interessano a molti e il parlare a molti di se stessi; quest'ultima operazione e' cosa da artisti e noi non aspiriamo a tanto.
Avrete tutti notato che non abbaimo parlato di temi o di soggetti intorno ai quali il giornale vorrebbe svilupparsi, e non lo abbiamo fatto perche' non ce ne sono. Non siamo ne' un teatro di avanguardia ne' un teatro tradizionale. Siamo invece un teatro aperto; ancora una volta uso parole difficili a guidarsi. Il senso del nostro essere aperti va cercato nel presupposto per noi fondamentale di non confinarci all'interno di nessuna materia, di nessun campo disciplinare legato al pensiero, ma di rendersi disponibili ad accogliere ogni sfaccettatura di quella che possiamo chiamare, con un termine un po' borioso ma efficace, l'attivita' intellettuale.
Apertura per noi vuol dire anche varieta' di stili, di approcci; non desideriamo affatto un giornale dominato da una triste monocromia linguistica, da un noioso attestarsi su un unico (o anche su due, non cambia molto) lineare fronte; a noi piace la diversita', lo scontro, il contrasto, il movimento.
Per questi motivi confidiamo, speriamo, nella partecipazione di chiunque abbia voglia di dire la sua, di chiunque, collegandosi con il nostro sito, venga preso dall'idea di ribattere su una qualche questione, di chiunque abbia desiderio di mettersi in scena. Non c'e' molto altro da aggiungere, non vogliamo aggiungere altro; non e' certo un editoriale il luogo dove un'idea come la nostra prende vita, ma e' nel farsi stesso del giornale, nelle risposte che avremo o che non avremo, nella vita che a questa creatura il destino (un ultima parola di cui e' difficile dire il significato) riservera'.
Lasciatemi concludere con un grazie sentito agli amici di Kykéion che ospitiamo con grandissimo piacere e di cui troverete il lavoro all'interno di un apposita sezione; quindi mi congedo con un abusato, forse, ma sempre straordinario verso di Eugenio Montale che meglio di ogni altro puo' chiudere questa incompleta (almeno cosi' la sentiamo) ma volenterosa (concedetecelo) introduzione al nostro giornale:
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
si qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
cio' che non siamo, cio' che non vogliamo.
Massimo Chiellini