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Una Biblioteca Pubblica delle Scienze su Internet? Medici e biologi si ribellano al mercato dell'editoria Recentemente e' apparsa su Internet un'iniziativa, promossa da alcuni studiosi e professori di medicina e biologia di varie Universita' americane riuniti sotto il nome di Public Library of Science, che ha subito fatto discutere ma che ha aperto nuovi orizzonti di discussione riguardo al rapporto tra l'editoria e Internet. Com'e' noto, appena uno studioso giunge ad una nuova scoperta, il mezzo per diffonderla, stimolarne la discussione ed eventualmente l'applicabilita' consiste nella pubblicazione dei risultati della ricerca sulle riviste specializzate. Va subito specificato che la cessione degli articoli in questione non comporta alcun compenso in denaro all'autore e il copyright degli articoli diviene proprieta' delle riviste in cui vengono pubblicati. Non solo, ma ricercatori e studiosi collaborano alla produzione delle riviste attraverso un'altra procedura detta "peer review": leggono e giudicano i lavori che i colleghi fanno pervenire alle riviste. In questi termini lo scambio sembrerebbe equo: sebbene la "manodopera" dei ricercatori non venga retribuita, essi ricevono "visibilita' scientifica" in tutto il mondo. Ma adesso gli scienziati mettono in luce come le nuove tecnologie d'informazione richiedano una differente logica nella distribuzione degli articoli scientifici. Come si dice nel sito: "Usando la nostra liberta' di scelta in un mercato libero, stiamo offrendo agli editori delle nostre riviste scientifiche un qualcosa che essi considerano degno di valore - l'opportunita' di ricavare un profitto dalle nostre idee e dal nostro duro lavoro e dal nostro continuo patrocinio in qualita' di sottoscriventi - in cambio di qualcosa che noi consideriamo degno di valore - il libro e illimitato accesso ad un catalogo pubblico del nostro lavoro collettivo". Ma come si traduce questo scambio nella pratica? I firmatari del "manifesto" propongono che gli articoli vengano inizialmente pubblicati sulle riviste, come tradizionalmente avviene, ma che dopo sei mesi dalla pubblicazione divengano di dominio pubblico, creando dei database su internet collegati tra loro. Michael Eisen, uno dei maggiori esponenti dell'iniziativa, e' stato esplicito sul ruolo che dovrebbero rivestire gli editori: "Pensiamo che gli editori debbano essere come una baby sitter: vengono pagati per il loro ruolo e alla fine della giornata restituiscono il bambino ai genitori" (dichiarazione riportata da Julia Karow, Publish Free or Perish. Life scientists are urging publishers to grant free access to archived research articles, "Scientific American", http://www.scientificamerican.com/explorations/2001/042301publish) I fondatori della Public Library of Science hanno proposto che da Settembre del 2001 gli scienziati collaborino soltanto con le riviste che hanno accettato di mettere a libera disposizione gli articoli sul Web. In questo modo si verrebbe a creare una specie di moderna e virtuale "Repubblica delle Scienze", in cui la circolazione delle idee e delle opere e' libera e accessibile. Dubitiamo che una tale iniziativa riesca a convincere la gran parte delle riviste oggi operanti nel settore biomedico e delle scienze della vita, anche se non poche pubblicazioni hanno aderito. Tuttavia ci sembra notevole un punto: la richiesta di "liberalizzare" gli articoli scientifici risponde in pieno a due urgenti pressioni che vengono esercitate sul mondo della carta stampata scientifica: da una parte la presenza, forse ingombrante ma sicuramente inevitabile, di Internet e quindi di una nuova forma di comunicazione tra i membri della comunita' scientifica. Dall'altra parte quella che potremmo definire la "globalizzazione dell'informazione biomedica", ossia la necessita' di far circolare nel modo piu' veloce e semplificato le informazioni sanitarie e mediche in tutto il mondo. Le questioni bioetiche d'inizio millennio hanno dimostrato come non sia piu' sufficiente pensare alla medicina e ai problemi messi in campo dalla distribuzione del bene sanitario largamente inteso in termini "locali" o "nazionali". Il cammino che l'umanita' ha oramai intrapreso richiede la fondazione di una forma mondiale di pensare la ripartizione delle risorse sanitarie e i problemi etici connessi alla biomedicina e alle scienze della vita (e' interessante che solo qualche anno fa si parlasse di un "quadro europeo per la bioetica"). Pertanto una circolazione maggiormente fruibile delle informazioni scientifiche potrebbe costituire un primo passo verso questo obiettivo. Occorrera' certo vedere come questo si possa conciliare con gli interessi materiali delle riviste scientifiche, che oggi giocano un ruolo importante nell'ambito della diffusione del sapere. Per sottoscrivere l'iniziativa: http://www.publiclibraryofscience.org Matteo Galletti
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