S.M.A.K.\Gent\ottobre gennaio 2001\2 Quest'autunno si e' inaugurata a Gent , in Belgio, la prima quadriennale d'arte contemporanea; "Casino' 2001" e' il titolo della mostra che dovrebbe segnare l'orientamento e lo spirito del fare arte della nuova generazione di artisti nati tra i primi anni '60 e la meta' degli anni '70. Il nuovo millennio prende corpo nell'esposizione inaugurata nello S.M.A.K. (stedelijk museum voor actuele kunst) di Gent, il museo di arte contemporanea che sorge nel parco cittadino all'interno dell'edificio che ospitava in altri tempi il casino' locale, luogo dove svago e azzardo rendono poche ore uno stratificarsi di emozioni. La curatrice newyorchese Jeanne Greenbegr Rohatyn ha legato la mostra allo spirito originario del luogo che ospita l'arte contemporanea a Gent, il titolo scelto per questo appuntamento riconduce direttamente al precedente locale, il casino', e si pone come indicazione tematica che raccoglie l'atteggiamento dei sessanta artisti invitati da paesi di area intercontinentale. Si ritrova l'idea di arte come intrattenimento che si e' fatta strada negli ultimi anni volta a sottolineare e rendere emblematica una condizione del nostro tempo, la smaterializzazione dei soggetti in un contesto che valorizza il pubblico. Uno spettacolo di cui possiamo essere protagonisti e spettatori, dove il modo di relazionarsi al contesto ci fa consumare esperienze d'intrattenimento. In questa mostra ci troviamo spesso ad attraversare opere che ci conducono in luoghi ridisegnati, ridefiniti con interventi che "decorano" l'ambiente secondo geometrie astratte e colorate con toni tipici dei prodotti industriali. L'idea di stile sostituisce la nostalgia ed i sentimenti con la ridefinizione delle forme e dei costumi. "CA01" e' diventato l'acronimo e il logo che accompagna il visitatore nel girare ed attraversare le opere esposte tra l'edificio principale del museo e luoghi disseminati nel parco circostante. Lo spirito che si respira fin dall'esterno dell'edificio crea gia' il presupposto di un laboratorio, un parallelepipedo posto davanti all'ingresso trasuda vapore, nebbia che fuoriesce da una stanza costruita in pannelli di resina colorata.
Con quest'intervento l'artista belga Ann Veronica Jannsens ha creato un luogo accessibile, un doppio spazio che al suo interno raccoglie una quantita' di vapore disorientante e lascia vedere solo il tono diffuso del colore delle plastiche che chiudono la scatola. Il tono emotivo di questo appuntamento e' anticipato dall'edificio posto di fronte al museo, un segnale per tutti i passanti che il polacco Pitor Uklanski ha installato come una quinta scenica. Con un lay-out di lampadine luminose ci porta a ridisegnare la volumetria di tutto l'edificio con la consapevolezza che un sorriso e' sempre concesso di fronte alle luci che ricordano dal lunapark allo shopping natalizio. Un segnale di invito a vedere, praticare ed essere coinvolti nell'insieme di riverberi di questo inizio secolo; se ne sentono i toni e lo slancio nel voler delineare i colori, le forme e le attitudini. Ogni intervento conduce a un orientamento plausibile, la possibilita' di varcare la soglia dello show da piu' entrate e rimanervi comunque coinvolti. Fin dalla sala d'ingresso si avverte il sonoro della grande proiezione del video di Sarah Morris che sovrasta il bancone della reception, la musica accompagna l'accesso al museo con un susseguirsi di panorami urbani, citta' che si riempiono di ammiccamenti luminosi nelle ore notturne alternate a scene di rilassamento d'ğlite, in piscine private e ville lussuose. Una raccolta di opere che si colorano della saturazione di materiali prettamente sintetici, si entra in luoghi evidenziati da colori flash, un murales dello svizzero Nic Hess capeggia come un "iperlogo" nell'ingresso del museo, fa dei marchi di prodotti di consumo un racconto fatto di film adesivi opportunamente fustellati ed affissi sul muro come su di un pullman turistico. La statunitense Michelle Hines propone in video l'istinto delle persone a raccogliere fortuna, sono filmate piu' persone fatte entrare in una vetrina dove volano delle banconote spinte da un getto d'aria che le rende inafferrabili, portando i soggetti a dimenarsi come in una danza scomposta all'interno di un box di vetro come in un acquario pieno di sogni monetari. Las Vegas sembra presentarsi senza essere nominata, il suo immaginario e' latente. Lo stesso Michel Majerus crea uno spazio dai colori accesi alternati a scritte che sottolineano la fragilita' dell'apparato stilistico nel quale si collocano. Uno slancio sarcastico nei confronti dei media e dei messaggi che quotidianamente gli spot ci lanciano come a voler creare l'apparenza di un mondo perfetto fatto solo di consumi potenziali, "your ideas get you killed" recita una frase in un suo lavoro riprodotto in catalogo. La stessa precarieta' si ritrova nel corpo distrutto di Tom Friedman che con la sapienza di un sarto unisce ritagli di carta dando loro la forma di una scultura al tempo stesso inquietante ed accattivante. Lo stesso artista kossovaro Sysley Xafa ha realizzato nel parco una grande vetrina cilindrica che raccoglie bottiglie vuote di superalcolici, le spoglie di un consumo diventano il soggetto del suo intervento, quel che resta di migliaia di bevute raccolto in un tempietto da giardino carico di idoli.
Oltre il bookshop una grande vetrata si apre sulla volta in ferro di un stazione mai utilizzata che unisce il corpo centrale del museo al velodromo, la struttura che ha suggerito il titolo al lavoro del milanese Patrick Tuttofuoco. "Velodream" e' il titolo che raccoglie i dieci veicoli progettati in forme diverse che, durante il giorno dell'inaugurazione, hanno girato a disposizione del pubblico sulla pista del velodromo, accompagnati dalle sonorita' elettroniche dei "BHF". Lo spirito collettivo si dirama in quest'opera che rimanda le forme stesse di ogni bicicletta ad un soggetto a cui l'artista ha fatto riferimento nella loro ideazione.
Tra le mura della mostra si scorgono anche esperienze di pittura come i quadri di Margherita Manzelli o dell'inglese Richard Patterson che avvalendosi della tradizione della pittura ad olio rivelano nuove possibilita' di raccontare l'esperienza visiva, cosi' come i quadri dell'americano Ben Edwards che ricamano con geometrie colorate una nuova idea di collage pittorico articolandosi fino alla confusione di linee forme e superfici.
Muovendosi da questi atteggiamenti arriviamo fino al tedesco Franz Ackerman che copre interamente l'ambiente con murales astratti dai colori grafici che ospitano a loro volta quadri con motivi analoghi; dai quadri alle stanze le esperienze pittoriche si moltiplicano evidenziando l'inesauribilita' di questo strumento. Lo stesso Olaf Nicolai, anch'esso tedesco, presenta dei colori vivaci che vestono le pareti dello spazio in bande verticali, un motivo vivace che anima una sala di passaggio all'interno del museo.
L'esperienza e le sue implicazioni non restano dimenticate fuori dal museo, piu' opere in questa mostra ne mantengono l'impronta, pur traducendone la forma in una nuova connotazione, forse piu' sportiva, sicuramente piu' dinamica agli occhi di chi ha avuto modo di aggirarsi dalle parti di Gent durante l'apertura di "Casino' 2001". Davide Minuti |