Veronesi e la "fallacia riduzionistica" Un recente parere sullo stato vegetativo permanente Recentemente il "Gruppo di studio sull'idratazione e nutrizione artificiali nei soggetti in stato vegetativo permanente", istituito dal Ministero italiano della Sanita' nel 2000, si e' espresso con un documento di 25 pagine dai contenuti molto interessanti ed estremamente importanti. Il primo punto consiste nella distinzione che esso propone tra "stato vegetativo permanente" e "stato vegetativo persistente". Per stato vegetativo si intende quella condizione clinica in cui il paziente ha perduto la capacita' di svolgere un'attivita' psichica cosciente e di intrattenere rapporti volontari ed intenzionali con l'ambiente circostante; lo stato vegetativo e' per lo piu' provocato da lesioni alla corteccia cerebrale (parte superiore del cervello) tali da causarne la distruzione o l'isolamento delle vie nervose che la collegano ai centri inferiori. In questi casi viene risparmiata la parte inferiore dell'encefalo (tronco encefalico) e perciž i pazienti in stato vegetativo riescono a mantenere autonome o semi-autonome alcune importanti funzioni biologiche quali la respirazione, la produzione ormonale e la regolazione del ciclo sonno-veglia. Lo stato vegetativo si dice permanente quando da una semplice previsione di persistenza si passa ad una quasi sicura previsione di stabilita' della condizione, senza possibilita' di recupero della coscienza (per dichiarare lo stato vegetativo permanente si attendono 12 mesi di osservazione del paziente). E' chiaro che lo stato vegetativo permanente si differenzia in modo preciso dallo stato di morte cerebrale, peraltro disciplinata in Italia dalla legge n.578 del 29 dicembre 1993. Il punto cruciale del documento risulta la presa di posizione in materia di idratazione e alimentazione artificiali. Poiche' il paziente in SVP non possiede coscienza, non puž di conseguenza nemmeno rendersi conto del fatto che gli vengono somministrati questi mezzi di sostentamento ed apprezzarli. Di conseguenza alimentazione e idratazione diverrebbero trattamenti medici che non incidono sulla qualita' della vita del paziente e, nel rispetto della dignita' umana sancito tanto dalla Costituzione (art. 32) e del Codice di deontologia medica (in primis art. 3), sarebbe perfettamente lecito sospenderli. Infatti sarebbero casi di accanimento terapeutico esplicitamente vietato dal Codice (art. 14) La richiesta di sospensione sarebbe legittima sia nel caso in cui il paziente abbia espresso il proprio consenso in vita, sia quando venga avanzata da un tutore nominato dal Tribunale competente. In attesa del testo definitivo, vorremmo svolgere alcune osservazioni. L'ex-Ministro della Sanita' Umberto Veronesi ha dichiarato che i risultati a cui e' pervenuto il gruppo di studio sono solamente di ordine tecnico e non intendono assolutamente invadere la sfera etico-giuridica: il fine della relazione e' quello di ribadire la definizione di stato vegetativo permanente e di appurare se l'idratazione e l'alimentazione artificiali siano o meno dei trattamenti medici. Su questa osservazione di Veronesi si possano sollevare alcuni dubbi. Non si capisce prima di tutto perche' e' stata necessaria una relazione "tecnica" redatta da "tecnici" per stabilire che idratazione e alimentazione artificiali siano dei trattamenti medici. Credo che nessuno, medico o bioeticista, abbia mai messo in discussione la natura medica di idratazione e alimentazione, somministrate attraverso i tubi e meccanismi in un reparto ospedaliero. L'annosa discussione sulla distinzione tra mezzi ordinari e straordinari di cura (distinzione controversa e non da tutti accettata), uno dei capisaldi della bioetica contemporanea dei processi di fine vita, si basa proprio sull'assunto che ci si trovi davanti a un trattamento medico, sia che si tratti di alimentazione/idratazione, sia che si tratti di somministrazione di antibiotici o ormoni. Lo scopo della relazione apparirebbe quindi chiaro: la natura terapeutica dell'idratazione e dell'alimentazione fa in modo che questi mezzi siano rubricati come mezzi di cura e, in base al codice deontologico, possano venire rifiutati dal paziente tramite una richiesta esplicita in vita oppure per interposta persona (tutore nominato dal Tribunale). Non stupiscono quindi le reazioni di chi si e' subito accorto che il documento del gruppo di studio era un parere etico, travestito da parere tecnico. Di fatto il documento legittima la sospensione dei trattamenti e quindi legittima i medici a uccidere i pazienti in SVP : una conclusione questa che rientra sicuramente nel campo dell'etica sostanziale e che non presenta carattere di neutralita' (Veronesi ha operato una "fallacia riduzionistica" proprio per evitare le critiche di coloro che si oppongono, per varie ragioni, all'eutanasia dei pazienti in SVP). Stupisce ancora di piu' un'altra affermazione di Veronesi, secondo cui il documento rappresenterebbe 'un parere che vale quel che vale, che non rappresenta la posizione ufficiale del ministero, e che servira' a quanti, parlamentari, magistrati e medici, vorranno occuparsi della materia. Ogni decisione spettera' al prossimo Parlamento'. La dichiarazione e' esplicita: se il problema sul trattamento dei pazienti in SVP deve venire risolto, questo deve accadere solo e soltanto nelle aule del Parlamento. Per questo e' utile un parere tecnico di un gruppo di studio, perche' occorre materiale "oggettivo" su cui basare "oggettivamente" le nostre decisioni etiche. Ed ecco che il momento etico viene "ridotto" a momento scientifico. Siamo dell'idea che il parere di Veronesi, proprio perche' non e' un parere tecnico, conti invece molto. Rimane infatti un documento emanato da un gruppo, presieduto da Fabrizio Oleari, direttore generale del dipartimento prevenzione del Ministero della Sanita', di pesante autorevolezza e rimane un documento che fornisce indicazioni etiche. Il modo piu' erroneo di risolvere problemi bioetici e' proprio quello di calare soluzioni dall'alto, a maggior ragione se queste soluzioni vengono spacciate come "scientifiche"; non ignoriamo il fatto che molto spesso questi problemi propongono situazioni tragiche, che quindi richiedono risposte tempestive. Ma riteniamo anche che la bioetica trovi la sua forza nella discussione pubblica e nel confronto all'interno della societa' civile. Affermare che una precisa scelta etica e' un fatto scientifico e che comunque rimane compito dello Stato farla ci sembra deleterio affinche' la societa' italiana raggiunga una piena "maturita' bioetica". Il recente esempio della fecondazione assistita dovrebbe insegnare che una legge senza dibattito pubblico agisce sul "vuoto" e corre il rischio di soccombere in mille contraddizioni: in assenza di una serie e costruttiva discussione che informi correttamente sui vari aspetti della questione si rischia di legittimare chiunque e qualunque opinione, anche quella che e' maggiormente discutibile o fondata su informazione empirica erronea. Per concludere chi chiediamo come mai un parere cosi' delicato e per niente scientifico sia stato affidato ad un gruppo creato ad hoc e non sia stato invece interpellato il Comitato Nazionale di Bioetica, l'organo che in Italia dovrebbe fornire "pareri" introno a questioni di bioetica ed etica medica; il CNB presenta oggi le caratteristiche migliori per adempiere a questo compito. E' composto dalle maggiori personalita' nel panorama della bioetica italiana; e' realmente pluridisciplinare (sono coinvolti medici, biologi, filosofi, giuristi, sociologi, psicologi); ed e' realmente plurale, in quanto riunisce laici e religiosi. Una simile composizione sarebbe stata sicuramente indicata per fornire un parere sul trattamento da riservare ai pazienti in SVP, almeno che non si ritenga il CNB un semplice abbellimento, di cui non tenere conto proprio quando servirebbe. Attendiamo comunque la stesura definitiva del parere del gruppo, augurandoci che la lettura integrale del documento non preservi fino in fondo la "fallacia riduzionistica" (ed opportunistica) di Veronesi. Matteo Galletti |